Astronomia egizia
Traduzione e sintesi a cura di Fabio Petrella (da
L’Astronomie selon les Egyptiens, di Albert Slosman, ed.
R.Laffont, Paris, 1983)

Una cosa è
assolutamente certa: e cioè che i primi Egizi ‘sbarcarono’
un giorno sulle rive del Nilo, insieme a tutte le discipline
scientifiche che li fecero subito assomigliare a delle
divinità per quegli indigeni che vivevano là ancora all’età
della pietra!
La discussione
comincia laddove si tratta di determinare da dove essi
provenivano. Ma non è questo l’obbiettivo del nostro lavoro,
che è invece di occuparsi dei testi geroglifici relativi
allo studio del cielo. In effetti al tempo della prima
dinastia non esistevano né l’astronomia né l’astrologia, ma
una composizione matematica di elementi celesti generati da
Dio nella sua creazione e che erano destinati ad essere
utilizzati dagli uomini per rimanere in armonia con il
cosmo, e quindi con il Bene.
I Testi sacri
sono formali: la Cintura dei Dodici che forma la volta
celeste detiene tutti i poteri della predestinazione sulle
Particelle divine (le Anime terrestri) grazie alle
configurazioni degli Erranti (i pianeti) e delle Fisse (le
stelle) che formano le Combinazioni-Matematiche-divine.
Per conservare a
dispetto di tutti questo legame che univa la Terra al Cielo,
malgrado la dissacrazione si amplificasse e malgrado gli
allarmismi profetici, gli Esperti ricercavano con
accanimento la falla che gli aveva fatto sbagliare i
calcoli. Ma gli Erranti e le Fisse navigavano sotto la Via
Lattea secondo il ritmo immutabile decretato dalla Legge di
Creazione. I Sette del nostro sistema solare non deviavano
mai di meno di un pollice dopo il Grande Cataclisma, che
aveva fatto ruotare di 180° l’asse terrestre, e dunque della
visuale del Sole, considerato come il capofila degli
Erranti. I Dodici della Cintura, che erano le dodici
costellazioni dell’eclittica, custodivano i loro posti
privilegiati detentori degli influssi emettitori delle
nostre onde personali. Infine Septis, la Sothis dei Greci e
la nostra Sirio, rimaneva la grande signora dei nostri
destini segnando il ritmo del tempo con il suo calendario
celeste che sgrana l’Anno di Dio, lungo 1461 anni solari. Le
Combinazioni-Matematiche-divine erano non solo prevedibili,
ma restavano incorruttibili, a meno che Dio non decidesse
diversamente. Le configurazioni geometriche disegnate nel
cielo non potevano che giungere alla fine dell’Eden portando
l’umanità alla sua perdita!
Soltanto
l’astronomia e la matematica permettevano di ‘predire’
l’avvenire globale. Ciò perché il termine astrologia è molto
improprio per qualificare questa scienza divina che è una
parte molto ridotta di quanto i Grandi Sacerdoti
padroneggiavano perfettamente. Non soltanto bisognava essere
Gran Sacerdote, Matematico, Geometra e Astronomo, ma avere
anche tutte le iniziazioni che portavano al supremo grado
della Conoscenza e della Saggezza. Pochi fra loro poi
accedevano al titolo invidiato e rispettato di Maestro
della Misura e del Numero. Per questo motivo le loro
ricerche fondamentali, come pure le loro previsioni e
predizioni, non avevano in vista, non soltanto alcun
obbiettivo di lucro, ma unicamente quello di una promozione
totale del Bene pubblico per armonizzare la vita terrestre
alle decisioni celesti.
Per la
costruzione dei templi egizi stessi, è ben certo che i
maestri costruttori dovevano conoscere, oltre l’arte,
l’aritmetica, la fisica e la geometria. Ciò appare evidente
visitando gli edifici religiosi di Edfou, Esneh e Denderah,
dove viene realizzata una rappresentazione terrestre che
simboleggia la Triade divina celeste: Osiride, Iside sua
sposa, e il loro figlio Horus. Di qui la palese conclusione
che la religione monoteista alleata all’astronomia fosse la
principale preoccupazione dei preti di questi templi che
appunto erano anche osservatori astronomici. Basti
aggiungere che i primi edifici costruiti negli stessi luoghi
dozzine di secoli prima, adoravano non questa Triade, ma
quella che precedeva, quella dei loro genitori: Ptah, che
era il Dio-Uno, la Vergine-Regina Nout, e il loro figlio
Osiride.
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